La Corte Penale Internazionale: un primo bilancio

La pubblicazione del rapporto annuale dell’operato della Corte Penale Internazionale permette di elaborare un sintetico bilancio su quanto finora prodotto dal Tribunale.
Nell’Ottobre del 2005 è stato spiccato il primo mandato d’arresto contro cinque esponenti ugandesi del Lord’s Resistance Army, accusati di aver commesso nel Paese africano numerosi omicidi di massa e torture in oltre venti anni di combattimenti. Nel Marzo del 2006 è stato invece arrestato Thomas Lubanga, leader delle milizie della guerra in Congo, ed è in attesa che le accuse vengano confermate. In tal caso, potrà cominciare il primo processo della Corte, di rilevante importanza, inoltre, per dimostrare la propria legittimità di fronte alla comunità internazionale.
La Corte è inoltre impegnata su vari fronti, mediante una serie di inchieste in Congo, in Uganda, nel Tchad, nel Darfour ed in altri Paesi in cui si ipotizza che siano stati commessi crimini contro la popolazione locale.
Va inoltre sottolineato come l’attività della Corte non si limiti esclusivamente ad un’analisi dal punto di vista del diritto penale internazionale dei casi che vengono posti alla sua attenzione, ma contribuisce ad una maggiore consapevolezza della popolazione mediante azioni di informazione e di sensibilizzazione. In Congo ed in Uganda, ad esempio, la Corte ha organizzato seminari e incontri con esponenti politici e intellettuali del territorio, con l’obiettivo di rendere consapevoli delle attività svolte dal Tribunale i soggetti locali per spianare il più possibile la strada alla collaborazione della popolazione. Sono stati anche organizzati seminari di formazione sulla cultura dei diritti umani, così da rendere sempre più consapevoli i partecipanti dei loro diritti. Visti i risultati finora ottenuti, la Corte ha stabilito di presentare nell’autunno del 2006 all’Assemblea degli Stati parte una strategia di informazione e di sensibilizzazione pianificata.
Per quanto riguarda poi le relazioni tra la Corte ed altre organizzazioni internazionali di ampia rilevanza (ONU, UE), il Tribunale ha concluso numerosi accordi con le Nazioni Unite che hanno consentito di avvalersi del supporto tecnico-logistico del personale ONU. Accordi con singoli Paesi sono stati siglati nel corso di questi anni, come ad esempio quello con l’Austria per consentire ai condannati dal Tribunale di scontare le pene (va infatti ricordato che la Corte non dispone né di un proprio organo di polizia né di propri istituti penitenziari, per cui deve necessariamente avvalersi del supporto degli Stati).
Il 10 Marzo del 2006 è stato poi siglato un importante accordo di cooperazione con l’Unione Europea che copre numerosi aspetti, dallo scambio di informazioni confidenziali alle testimonianze di funzionari comunitari – in deroga alle norme relative a privilegi e immunità del personale diplomatico – dalla possibilità di disporre di installazioni e servizi dell’UE all’organizzazione di seminari formativi per i giudici, i procuratori, i difensori e i funzionari del Tribunale.
La possibilità di realizzare un sistema penale internazionale omogeneo ed integrato diviene sempre più concreta mediante l’attività svolta dalla Corte, consistente, oltre a quanto già affermato, nell’opera di supporto dato a tribunali ad hoc, come il Tribunale speciale per la Sierra Leone e la commissione d’inchiesta internazionale sul Libano, mediante la fornitura di consulenze e servizi.
In conclusione, si può affermare che la Corte ha compiuto progressi considerevoli che dovranno consentirle, d’ora in avanti, di operare in piena autonomia ed indipendenza al fine di creare quell’insieme di norme penali che dovranno istituzionalizzare, una volta per tutte, il Tribunale. Per far ciò, naturalmente, occorrerà il pieno sostegno della comunità internazionale, che non dovrà – e non potrà più – tirarsi indietro, come ha invece fatto l’amministrazione americana sin dal 2002, quando, con l’insediamento del Presidente Bush, ha compiuto dei passi indietro rispetto alla firma dello Statuto di Roma da parte del Presidente Clinton, con il parallelo tentativo di creare – mediante la firma di accordi bilaterali – una rete di Paesi decisi ad ottenere l’immunità dei propri cittadini nei confronti dei procedimenti del Tribunale.

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